Scott Bessent è il segretario del Tesoro del governo Trump. Ed essendo segretario del Tesoro passa una parte considerevole delle sua giornata tipo a pensare a numeri e bond USA. Le stablecoin combinano questi due mondi ed è per questo motivo che sono – molto di frequente – sulla bocca di Scott. Il segretario del Tesoro è tornato a parlarne ieri durante un’audizione in Senato (negli USA, chiaramente), dove ha indicato come obiettivo credibile 2.000 miliardi di capitalizzazione per questi strumenti già entro il 2028.
Questo a patto che ci sia supporto da parte di un sistema di regole che è al vaglio del Congresso proprio in questi giorni. Il GENIUS Act sta muovendo i primi passi, ricevendo i primi ok e sarà tra poco al centro del dibattito politico degli USA. Se alla House il passaggio è agile e scontato, al Senato servirà quel 60/40 che è forse più complicato, dato che per raggiungerlo sarà necessario l’appoggio di qualche senatore Dem.
Le condizioni comunque ci sono – e i 2.000 miliardi di cui sopra (se la previsione può essere considerata credibile) sono di grande interesse per tutto l’arco politico USA, dato che sono denari che finirebbero per acquistare debito USA, abbassandone i rendimenti.
Dipende dai punti di vista. Partiamo dal principio e prendiamo per buona la previsione di Bessent: 2.000 miliardi di dollari in stablecoin. Date le (future) regole USA, sarebbero 2.000 miliardi di dollari in debito USA. Ovvero quasi 2 volte quello che ha in cassa il più grande “creditore” degli USA, che è il Giappone. Ovvero 3 volte quello che detiene il Regno Unito. Ovvero circa 1/5 di tutto il debito USA nelle mani di detentori esteri.
Con le preoccupazioni per un disimpegno dal debito USA da parte di alcune potenze estere, i 2.000 miliardi di cui sopra farebbero molto comodo. E sarebbero una toppa su un buco che però – siamo tra i pochi a dirlo – per ora esiste soltanto nelle previsioni più nefaste di chi campa di click e sensazionalismo.
Perché – si obietta con del merito – il mercato delle criptovalute è relativamente stabile e durante i bear market le stablecoin riducono la loro capitalizzazione (ci sono meno persone che le usano, quindi vengono cambiate in dollari… veri).
E quindi il rischio per gli USA sarebbe quello di legare una parte rilevante del debito pubblico agli andamenti – non sempre lineari – del mercato crypto.
Obiezione corretta, che non tiene conto però di quanto sta avvenendo davvero nel mondo dei pagamenti.
Citiamo soltanto queste tre – pur essendoci decine di aziende che sono già impegnate nel mondo stablecoin e ne stanno esplorando le possibilità.
Stripe ha acquisito prima Bridge, poi ieri ha annunciato l’acquisizione di una società che produce wallet crypto.
PayPal gestisce da tempo – anche se non con un enorme successo – la sua stablecoin legata al dollaro.
Bank of America ha confermato l’interesse per queste tecnologie, e potrebbe sviluppare la propria stablecoin anche in consorzio con altri gruppi bancari americani.
Perché dovrebbe interessare Scott Bessent? Perché se le stablecoin saranno utilizzate (e già lo sono in larga parte) di più per i pagamenti, si andrebbe a mitigare quella volatilità in termini di capitalizzazione di mercato che costituirebbe il patto con il diavolo di cui abbiamo parlato sopra. Ed è forse questo il grande piano degli USA per unire l’utile al dilettevole. O forse per avere la botte piena e la moglie ubriaca.
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