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Crypto banche: abbiamo un problema | Silvergate e il caso Tether

Accuse a Tether dal WSJ, mentre un'altra banca crypto è lì lì per chiudere i battenti
1 anno fa
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Da Silvergate a Tether passando per tutta la storia recente del modo cripto, una storia che con le banche è stata sempre di odio e amore e che ci racconta, con l’ultima debacle del gruppo più crypto del settore… bancario una storia sulla quale sarebbe il caso di fermarsi a ragionare. E sì, si dovrà parlare anche di Tether e dell’ennesimo articolo del Wall Street Journal che accusa il gruppo dello stablecoin più utilizzato al mondo di comportamenti non ortodossi.

Comportamenti poco ortodossi che sarebbero stati tenuti in passato per ottenere quell’accesso al mondo bancario senza il quale non si può operare. E non solo se si è Tether, ma anche se si gestisce una piccolissima attività.

Il mondo cripto sembrerebbe aver assorbito ormai completamente il crollo di Silvergate. Potremo investirci con eTorovai qui per ottenere un conto demo gratuito – e iniziare a muovere i primi passi su questo mercato senza correre rischi, perché staremo investendo capitale virtuale. Sempre all’interno di quanto viene offerto da eToro troviamo anche il CopyTrader per copiare i più bravi oppure per spiare le loro mosse sul mercato.

Banche e crypto: un matrimonio impossibile o quasi

La storia dei rapporti tra banche e criptovalute è di quelle vecchie, risalenti e piuttosto infelici. Le cose, in aggiunta, stanno peggiorando, perché se gli istituti negli USA disposti a dare da banca crypto erano 4 un anno fa, oggi sono diminuiti ulteriormente e soltanto uno – Signature – sembra non avere ancora problemi ad offrire certi tipi di servizi.

Una situazione che ha già delle conseguenze

Questo non sempre per responsabilità del settore crypto. Si parla ormai da tempo di Operazione ChokePoint 2.0, locuzione lanciata da Nic Carter e particolarmente descrittiva di una situazione che su Criptovaluta.it raccontiamo ormai da molto tempo. Di che tipo di operazione si tratta? Di un’operazione tesa a rendere difficile la vita a certi settori – in questo caso quello delle criptovalute – semplicemente facendo pressioni sulle banche affinché non offrano servizi a quel settore.

Il risultato lo possiamo immaginare tutti: senza avere banche disposte a fare affari con noi è impossibile incassare pagamenti, per piccoli o grandi che siano. È impossibile fare impresa a qualunque livello e la soluzione è spesso quella di guardare altrove, per quanto sia difficile almeno in ambito dollaro trovare dei partner affidabili che possano incassare bonifici anche sostanziosi.

La crisi di Silvergate è un problema per tutti? Assolutamente sì, anche per chi pensa di essere lontano da certe questioni perché residente in Europa e anche per chi pensa che Bitcoin alla fine sia nato per rimpiazzare certi sistemi. Cosa che è vera, per carità, ma di ramp on e ramp off si ha, per il momento, ancora bisogno.

Il caso Tether: WSJ accusa il gruppo di…

A chiusura della settimana dominata dall’affaire Silvergate arrivano anche le accuse del The Wall Street Journal a Tether, lo stablecoin più importante per capitalizzazione di mercato e per volumi. Accuse che in realtà già si conoscevano da tempo e che non aggiungono nulla di nuovo a quanto sappiamo (e non sappiamo) del passato del gruppo.

Si parla di vecchi conti bancari che il gruppo avrebbe aperto tramite prestanome o ricorrendo a documentazione falsa. Ammesso e non concesso che di tali operazioni si sia effettivamente trattato, queste vicende sono la prova che strategie ben articolate da parte del potere pubblico hanno cercato di attaccare da tempo il settore.

E che in molti, per mantenere in attività il proprio progetto, sono dovuti ricorrere a qualunque tipo di metodo e forse anche all’utilizzo di prestanome o di servizi come quello turco che viene citato nell’articolo del WSJ. Un servizio, ci dicono, utilizzato tra i tanti anche dalle brigate al Qassam, dichiarate gruppo terroristico tanto negli USA quanto in Europa.

Un po’ come se vi accusassero di aver preso un caffè nello stesso bar in cui l’ha preso il Mostro di Firenze. Colpa vostra? Noi qualche dubbio lo nutriamo.

E al tempo stesso troviamo ridicolo che prima si faccia di tutto per impedire accesso al mondo bancario a certi progetti e poi ci si lamenti del fatto che tali progetti ricorrano (anzi, ricorrevano, è una storia di 5 anni fa) a metodi meno ortodossi.

Esiste una pubblicità più importante per Bitcoin e anche per gli stablecoin? Assolutamente no! Perché ieri è toccato a Tether, oggi a BUSD, domani potrebbe toccare ad ognuno di noi.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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