Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America ha avviato un’indagine sul recente data breach che ha colpito Coinbase, per circa (la fonte è l’exchange), l’1% dei suoi utenti. Non si tratta di un indagine su Coinbase ma che vede il popolare crypto exchange come vittima di un attacco che – secondo le prime ricostruzioni offerte – avrebbe incluso anche dazioni in denaro per avere accesso ai dati in possesso del customer care del gruppo.
Secondo quanto viene riportato da Bloomberg – che cita fonti anonime ma informate dei fatti – sarebbero alla ricerca di indizi, prove e di particolari utili alla ricostruzione dei fatti anche le divisioni del dipartimento che si occupano degli aspetti criminali.
A essere al centro di questa vicenda sono gli uffici di servizio clienti dislocati in India, che Coinbase affida a terze parti.
Coinbase conferma l’avvio delle indagini
Coinbase ha confermato l’avvio delle indagini e la piena collaborazione con le autorità statunitensi. A parlare è Paul Grewal, che si occupa della divisione legale del crypto exchange:
Abbiamo notificato il Dipartimento di Giustizia e stiamo lavorando con loro e con altre polizie internazionali e diamo il benvenuto alle indagini delle forze dell’ordine affinché assicurino alla giustizia i criminali.
La notizia del breach di dati è stata diffusa pubblicamente dalla stessa Coinbase lo scorso giovedì. Secondo quanto è circolato durante la scorsa settimana, sarebbero stato colpiti circa l’1% degli utenti del gruppo, principalmente quelli che operano sulla piattaforma in lingua inglese.
I dati sottratti sono stati già utilizzati per complessi attacchi di social engineering, a copertura dei quali però Coinbase ha già affermato che interverrà anche economicamente.
La storia del data breach di Coinbase ha rinforzato le posizioni di chi ritiene il KYC e alcune pratiche pervasive e invasive di AML un pericolo enorme principalmente degli utenti, che vedono i loro dati alla mercé di criminali senza scrupoli che – come in questo caso – possono utilizzarli per scopi truffaldini. Nel complesso una questione che non si è mai risolta all’interno del mondo crypto – tra sostenitori di una normalizzazione del settore in stile bancario e chi ritiene invece che sia il tempo di cambiare certe pratiche.
Per ora la questione rimarrà comunque in sospeso: non sembra che ci sia alcuna volontà politica non di rivedere, ma anche soltanto di discutere gli effetti collaterali di certe pratiche, senza tenere conto dei modesti risultati ottenuti in termini di contrasto al crimine.
Seguiremo anche sul nostro Canale Telegram le evoluzioni di una causa importante per il settore. A chiusura di questo approfondimento sarà utile ricordare che Coinbase non è oggetto dell’inchiesta ma piuttosto parte lesa.