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Guerra Israele-Iran passa dalle crypto! Bucato exchange colpevole di “violazione di sanzioni”. In campo anche gli hacker

La guerra tra Israele e Iran passa anche dal mondo crypto. Ecco come.
4 settimane fa
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AGGIORNAMENTO: gli hacker hanno “burnato” tutte le crypto che hanno sottratto. Questo vuol dire che non saranno più accessibili a nessuno. Sono state inviate verso indirizzi contenenti messaggi offensivi nei confronti del governo iraniano. Nessun tipo di guadagno economico, dunque.

La guerra tra Israele e Iran – che ha già avuto un importante impatto sui mercati– sembrerebbe passare anche dal mondo crypto. Secondo quanto è stato riportato da ZachXBT e parzialmente confermato dai diretti interessati, l’exchange iraniano di criptovalute Nobitex sarebbe stato bucato da nonun gruppo di hacker che sostiene le ragioni di Israele. Il bottino supererebbe gli 81 milioni di dollari, per quanto manchi ancora un post-mortem in grado di offrire un conteggio preciso degli ammanchi.

L’attacco è stato rivendicato dal gruppo pro-Israele Gonjeshke Darande, con l’exchange che ha comunicato ai propri clienti avvenuti accessi non autorizzati. Seguiranno aggiornamenti anche da parte dell’exchange non appena questi saranno disponibili.

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La guerra passa dalle crypto?

Sembrerebbe di sì, dato che c’è una rivendicazione che parla proprio dell’utilizzo di criptovalute per aggirare le sanzioni. Cos’è successo? Sembra che ci siano ammanchi importanti dalle riserve di un exchange che opera esclusivamente in Iran.

Questi cyber-attacchi sono stati condotti perché Nobitex è uno strumento chiave del regime per finanziare il terrorismo e violare le sanzioni.

Questo è il messaggio che il gruppo ha affidato a X, per quanto saranno necessarie ulteriori verifiche per attribuirne la paternità.

Secondo le indagini condotte da ZachXBT, uno dei più noti investigatori del settore, si tratterebbe circa di 81 milioni di dollari – che sarebbero stati sottratti con modalità ancora da definire. Un attacco all’interno della guerra – anche fisica purtroppo – che si sta consumando tra Iran e Israele? Oppure come è accaduto diverse volte in passato, un attacco per cercare di sottrarre denaro senza alcun tipo di messaggio politico?

Non possiamo saperlo per ora. Le criptovalute hanno una certa diffusione in Iran, soprattutto per le rimesse dall’estero – dato che il paese è sottoposto a pesanti sanzioni che ne limitano, per non dire impediscono – l’accesso al sistema bancario internazionale. Cosa che può essere aggirata, almeno per i piccoli trasferimenti, ricorrendo a stablecoin (principalmente su rete Tron) e a crypto classiche.

Crypto un buco nel sistema di sanzioni?

In parte sì, per quanto in realtà la loro diffusione sia relativamente ristretta in questo ambito. Si possono inviare stablecoin e altre crypto con una certa facilità – i wallet non prevedono KYC – e poi cambiare in loco ricorrendo alla diffusa rete di cambiavalute che hanno sposato questa tecnologia.

La questione, che era fonte di massima preoccupazione per gli USA durante la precedente amministrazione – sembrerebbe essere al momento più che sorvolabile da parte di un governo, quello Trump, che sulla diffusione delle stablecoin punta molto. Soltanto ieri è arrivato l’OK al Genius Act da parte del Senato USA, un complesso di regole che normerà il settore stablecoin in casa e parzialmente anche all’estero.

L’intenzione del governo USA sembrerebbe essere quella di permetterne un utilizzo relativamente diffuso su scala globale, anche per rafforzare la posizione del dollaro.

Le stablecoin sono di grande attrattiva per il governo USA in quanto, al fine di garantire l’ancoraggio al valore di 1$, acquistano grandi quantità di debito pubblico USA, in una fase durante la quale tale debito comincia a preoccupare e viene ritenuto da molti ben oltre i limiti della sostenibilità.

Seguiranno aggiornamenti non appena questi saranno disponibili, per una situazione che è in evoluzione sia sul fronte bellico vero e proprio, sia invece su quello cibernetico. Ieri ha subito attacchi importanti anche la rete bancaria classica – quella non crypto – dell’Iran. Segno che oggi i database del denaro sono importanti tanto quanto le basi militari.

I più cinici ricorderanno all’Iran che con Bitcoin non c’è bisogno di salvaguardare i propri database monetari, dato che nel caso di BTC sono distribuiti e esistenti in migliaia di copie. Ma è un discorso prematuro anche per quelli che vengono definiti “stati canaglia”.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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