La terribile storia del rapimento di un italiano a New York – che coinvolge da vicino il mondo di Bitcoin e delle criptovalute – è giunta a una prima conclusione. Nella tarda serata di venerdì è stato infatti arrestato John Woeltz, 37 anni, accusato di aver rapito e torturato un cittadino italiano con l’obiettivo di sottrargli ciò che sembrano essere importanti detenzioni in Bitcoin. L’identità della vittima è al momento tenuta segreta dalla procura, per quanto stia già circolando su diversi giornali italiani. L’uomo è riuscito a fuggire dopo essere stato sequestrato per settimane in un lussuoso appartamento di Manhattan.
Dietro il sequestro – perpetrato insieme ad altri complici – ci sarebbe stata, secondo i procuratori, la volontà di Woeltz di appropriarsi dei fondi in Bitcoin dell’italiano, che sarebbe stato non solo rapito, ma anche picchiato e sottoposto a torture, tra cui scosse elettriche. Una violenza brutale, che però, a quanto risulta, non avrebbe portato Woeltz ad ottenere l’accesso ai fondi crittografici.
Nella mattinata di sabato, Woeltz è stato ufficialmente accusato di sequestro di persona, aggressione, rapimento e possesso illegale di armi. Attualmente si trova in carcere, senza possibilità di rilascio su cauzione.
Cosa sappiamo di quanto è successo?
L’italiano, la cui identità rimane riservata, sarebbe arrivato a New York all’inizio di maggio. Il 6 del mese sarebbe stato sequestrato da Woeltz, con la collaborazione di almeno un altro complice, attualmente ricercato. Coinvolta anche una donna, Beatrice Folchi, 24 anni, inizialmente posta in stato di fermo e poi rilasciata in attesa di ulteriori indagini. Il suo ruolo non è ancora stato chiarito dalle autorità, che si sono riservate di proseguire le indagini sul suo coinvolgimento.
Come è stato attirato?
Secondo le informazioni diffuse dall’accusa, l’italiano sarebbe stato attirato nell’appartamento newyorkese con la promessa di recuperare dei Bitcoin che erano stati in precedenza sottratti da Woeltz con l’inganno.
All’interno del luogo del sequestro, la polizia avrebbe rinvenuto reti metalliche, foto della vittima con una pistola puntata alla testa, droghe – presumibilmente somministrate con la forza – e una sega utilizzata per infliggere ferite, la cui gravità non è ancora stata chiarita.
Nell’appartamento sarebbero state trovate anche tracce di sangue che confermerebbero le torture subite dalla vittima, la quale sarebbe stata ripetutamente minacciata di morte se non avesse condiviso le chiavi private per accedere ai suoi Bitcoin, custodite nel suo computer portatile.
L’importanza del basso profilo
Anche con dotazioni modeste, è ormai evidente la necessità di mantenere un profilo il più possibile basso riguardo al possesso di Bitcoin. Dall’inizio dell’anno, in Francia si sono verificati diversi casi – tentati e riusciti – di sequestro di persona ai danni di figure note nel settore crypto.
Casi sempre più frequenti che evidenziano la necessità di adottare la massima prudenza da parte degli investitori e dei detentori di Bitcoin e altri crypto asset, anche con persone conosciute, apparentemente affidabili.
La situazione è diventata talmente preoccupante da spingere il Ministero dell’Interno francese a predisporre piani di protezione per gli investitori crypto su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, la prima e più efficace forma di protezione resta la discrezione: meno chiacchiere, soprattutto sui social, meno condivisione sulle proprie detenzioni e, se possibile, bocca cucita con chiunque.