Ci siamo: presto sarà la resa dei conti tra il mondo della finanza un po’ punk che è nato, ha prosperato e continua a vivere nel mondo delle criptovalute e chi è invece arroccato nella difesa di rendite di posizione maturate nel corso dell’ultimo secolo. Le squadre che si daranno però battaglia sono molto più eterogenee di quanto avremmo immaginato soltanto poche settimane fa.
Con i miliardari del mondo crypto si sono infatti schierati diversi dei nomi più illustri della finanza tradizionale, tra chi è interessato a mangiare nel piatto che gli exchange crypto si sono faticosamente costruiti e chi invece guarda all’infrastruttura su blockchain per aggirare intermediari e commissioni.
Ci sono almeno 3 battaglie in corso, dall’esito incerto e che vedranno man mano i due team schierare i cavalli più di razza. Non sappiamo neanche noi chi la spunterà, ma sarà certamente utile una ricognizione delle forze in gioco e anche dei campi di battaglia più interessanti.
La guerra totale sul denaro fiat: stablecoin contro banche
La divisione è in realtà molto meno netta, almeno negli Stati Uniti. Le stablecoin stanno vivendo un momento di straordinaria forza anche in virtù di un’apertura degli USA contestata, anzi più che contestata dai vecchi soloni della politica economica. Krugman è arrabbiato e sono ancora più arrabbiati quelli di BCE. Tuttavia, al netto della rabbia, la battaglia c’è, la vecchia guardia rischia di perderla e in tanti hanno già cambiato squadra.
Il team crypto nativo: c’è certamente Tether, che però ha qualche ostacolo sia in Europa, sia probabilmente negli USA, c’è Circle, nella quale BlackRock investirà pesantemente fino al 10% delle azioni secondo le indiscrezioni) e ci sono tante società più piccole ma molto solide, come Paxos.
Il team dei nuovi arrivati: secondo le più recenti indiscrezioni diffuse dai giornali americani, sarebbero pronti a scendere in campo anche i principali gruppi bancari USA, consorziandosi. Il punto è che ci sarà spazio sia per stablecoin più vicine al mondo crypto tradizionale, sia per quelle invece di utilizzo più concreto per il mondo della finanza tradizionale. I contorni però tra i due mondi non sono più netti come una volta. Per quanto riguarda i pagamenti invece, c’è PayPal ha già la sua stablecoin, Stripe presto le integrerà, Visa e Mastercard già ci lavorano.
Arroccati sulle loro posizioni: BCE, ma anche tutta una serie di economisti molto vicini all’amministrazione Biden e più in generale al mondo Dem. La loro avversione è semplice buonsenso? Oppure c’è qualcosa di più?
La battaglia per diventare asset di riserva: Bitcoin
Chi vi scrive è tra i più scettici sulla riuscita di questa operazione. Tante società quotate, vedi Strategy, stanno accumulando quantità importanti di Bitcoin, ritenendolo un asset perfetto per gli investimenti di lungo periodo o – per i più sognatori dei nostri lettori – come asset di riserva.
A livello statale si sta già muovendo il Texas, si è mossa (a metà) l’Arizona, ha fatto qualcosa di più il New Hampshire. Con il mondo che non è più troppo convinto della solidità del dollaro, potrebbero arrivare anche da altrove delle parziali aperture. Non è detto che funzioneranno però e non è detto che avranno un grosso impatto.
La nota positiva: siete ancora in tempo per muovervi prima degli stati e del grosso dei privati in questo senso. Se credete che Bitcoin possa essere qualcosa di importante anche nell’orizzonte di decenni o, chissà, di secoli, questo è il momento giusto.
Rivoluzionare l’infrastruttura dei mercati: Larry Fink il “crypto bro”
Larry Fink ha scritto un’accorata lettera agli investitori dedicata in larga parte alla necessità di cambiare il funzionamento dei mercati. A leggerlo, sembrerebbe voler rendere più democratico l’accesso a certi prodotti. Ad essere più cinici invece, vuole semplicemente aprire il vaso di Pandora degli investimenti in società non quotate e in debito privato anche a noi degenerati retail sempre a caccia di rischio.
A prescindere da come la si pensi su questa apertura di Larry Fink, sarà comunque il caso di prenderlo sul serio. È a capo di BlackRock e se si mette in mente una cosa, tendenzialmente riesce ad apparecchiarsi una strada per arrivarci.
Non sarà il mondo aperto della DeFi, ma ci saranno comunque integrazioni interessanti (vedi quanto sta facendo Ethena con il fondo di BlackRock tokenizzato). C’è chi rema contro, ed è chi dall’attuale sistema ci guadagna.
Probabilmente la verità è nel mezzo: i retail potrebbero fare davvero da exit liquidity per certi prodotti, ma al tempo stesso avranno tanta libertà in più.