C’è una lezione che in tanti potrebbero apprendere dalle ultime notizie che arrivano da Tether. A partire dal 2 giugno sia Tether Group sia Bitfinex (exchange controllato dalla stessa Tether) hanno spostato una quantità enorme di Bitcoin. Come al solito – e come è stato ricordato da qualche commentatore del mondo crypto tra i più avveduti – sono partiti tweet, analisi, annunci di imminente disastro. Se Tether sposta una quantità così enorme di Bitcoin (nel momento in cui pubblichiamo siamo a più di 37.000 Bitcoin spostati), allora c’è qualcosa di losco che si è verificato, si sta verificando o sta per verificarsi.
Tuttavia basterebbe seguire l’account del CEO del gruppo, Paolo Ardoino, per rendersi conto immediatamente dell’assenza di movimenti strani. Tether e Bitfinex stanno spostando Bitcoin verso Twenty One Capital, la società creata insieme a SoftBank e con la partecipazione di Cantor, che sarà un veicolo di investimento, appunto, in BTC.
E c’è un’altra lezione – che è stata già ricordata da frecciatine neanche troppo ridotte dei diretti interessati: si può investire in Bitcoin in modo trasparente, dando gli indirizzi dove sono conservati gli asset, senza che questo diventi, come afferma invece Saylor, un possibile problema di sicurezza.
Cosa sta spostando Tether e perché?
Tether – la società che controlla la stablecoin USDT – sta spostando insieme a Bitfinex una quantità importante di Bitcoin. Nel omento in cui scriviamo siamo di poco sotto i 40.000, per un controvalore di poco inferiore ai 4 miliardi di dollari. Sono somme importanti, che hanno solleticato come sempre la voglia di stupire, di indignare e di fare click dei soliti noti.
In realtà non c’è nessun mistero: il CEO di Tether, l’italiano Paolo Ardoino, sta riportando in massima trasparenza i trasferimenti sul suo account X.
Si tratta, molto banalmente, del pre-funding per Twenty One Capital, società che si occuperà di investimenti diretti in Bitcoin, seguendo soltanto in parte però il percorso tracciato già da MicroStrategy/Strategy, la società di Michael Saylor.
Soltanto in parte perché in realtà Saylor si è sempre rifiutato di rendere trasparenti le proprie operazioni, perché ritiene che diffondere gli indirizzi che custodiscono i Bitcoin della propria attività esponga a rischi per quanto concerne la sicurezza. Un’opinione che noi, come tanti altri, abbiamo sempre trovato bizzarra.
Occhio alle fonti
Rimane questa una grande occasione per separare le fonti credibili, le fonti che hanno rispetto dei propri lettori e non solo per le proprie tasche. Ci scuseranno i lettori se chiuderemo in modo auto-celebrativo, ma qui le cose si sono sempre fatte diversamente, anche quando la cosa voleva dire perdere qualche click.
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