Antonio Patuelli di ABI si schiera di nuovo contro le criptovalute, riprendendo in realtà vecchie dichiarazioni che associano il settore al riciclaggio e ad altre attività di malaffare. Sempre Patuelli si è detto favorevole all’arrivo dell’euro digitale, a patto che questo non escluda le banche dal semi-monopolio dei depositi. Una vicenda, quella dell’euro digitale, che sta ora entrando nel vivo sia del dibattito politico, sia di quello più tecnico e, se vogliamo, istituzionale.
Piero Cipollone della BCE ha già rassicurato gli istituti, sia in sede privata che pubblica: le banche saranno incluse nella catena di distribuzione di questa novità tecnologica, a condizione che sostengano il percorso di raccolta del consenso politico necessario affinché l’euro digitale diventi realtà.
Concorrenza? Neanche morti
La posizione di Antonio Patuelli, che rappresenta ABI – l’Associazione Bancaria Italiana – è nota da tempo. Il 23 ottobre si dichiarò favorevole al passaggio della tassazione al 42% per i profitti da attività di investimento su Bitcoin e criptovalute.
In attesa del testo definitivo – ha spiegato – mi domando perché ci dovrebbe essere una tassazione agevolata su una forma di liquidità incontrollata. Capisco che qualcuno protesta, perché si era “abituato” a questa agevolazione.
Già a ottobre era sorto più di un dubbio sul reale desiderio di Patuelli e dell’associazione che presiede di competere ad armi pari. Gli investimenti che passano dalle banche? 12,5% sulle obbligazioni statali e 26% sul resto. C’è una piccolissima fetta che sfugge al controllo bancario? Tassiamola al 42%, così che lo Stato faccia ciò che il mercato non ha premiato.
A febbraio, poi, si era espresso di nuovo con toni che chi vi scrive trova francamente incomprensibili:
Le pseudo valute digitali non hanno una base di certezza di diritto. […] È vero che i mercati sono globali, ma i risparmiatori sono individuali, quindi ciascuno deve avere la consapevolezza e la responsabilità di conoscere l’elevatissimo rischio dell’investire in un qualcosa che non è regolamentato e vigilato. In Europa, questa consapevolezza è più forte e, da italiani ed europei, dobbiamo dire che siamo orgogliosi di questa più forte consapevolezza delle regole, dei diritti e dei doveri di ciascuno.
Oltre a essere restio alla concorrenza, Patuelli dimostra di esserlo altrettanto alla verità. Le criptovalute sono infatti investimenti regolamentati in Europa tramite MiCA, normativa che ha uniformato le regole a livello comunitario e che – ça va sans dire – include anche l’ennesimo favore per le banche. Le stablecoin che vogliono operare in Europa devono infatti depositare fino al 60% delle riserve presso istituti europei, rinunciando così a importanti profitti e regalando liquidità ai soliti noti.
Una situazione che per molti sembrerebbe ideale, ma che evidentemente non basta a chi è abituato a prendersi tutto (o a farselo assegnare dalla legge e dalle autorità). Tant’è che oggi, a circa tre mesi dalla sua ultima dichiarazione sul tema, Patuelli è tornato all’attacco.
Di fronte ai rischi delle pseudo cripto valute, innanzitutto di illegalità e riciclaggio, [il progetto di euro digitale] rappresenta un processo storico di resilienza, competitività e sovranità monetaria europea. […] Deve essere sviluppato in stretta applicazione delle normative antiriciclaggio e antiusura e non deve penalizzare le banche, la loro indispensabile solidità di liquidità: in tale quadro le banche potranno collaborare intensamente alla realizzazione dell’euro digitale.
Dichiarazioni che ci rivelano almeno due cose. La prima è che Patuelli ha imparato la parola pseudo almeno a febbraio e ora non può fare a meno di utilizzarla.
La seconda è che Patuelli o non è a conoscenza dei dati – diffusi anche dal Tesoro USA – oppure non ha grande rispetto per la verità. Comprensibile, mentre si consuma probabilmente l’episodio finale della triste serie che ha trasformato le banche private in cinghie di trasmissione della volontà politica della banca centrale.
Abbiamo già vinto
Per coloro che sono preoccupati dalle parole di Patuelli, il messaggio che Criptovaluta.it® vi consegna – e vi chiede di portare per le strade, nei luoghi di lavoro e anche a casa – è il seguente: abbiamo già vinto.
Le parole preoccupate di ABI, della BCE, di chiunque abbia goduto di monopoli – della forza, dei depositi, del denaro – sono il segnale chiaro che quattro scalcagnati di identità spesso incerta (vedi Satoshi Nakamoto) ce l’hanno fatta.
Hanno portato l’anello con somma fatica e l’hanno gettato nel Monte Fato. Le dichiarazioni con cui verremo ammorbati ancora per un po’ sono il canto del cigno, le urla che riecheggiano dalle foreste più buie quando anche i cattivi dei film si accorgono che il bene, la giustizia, la cooperazione, l’uguaglianza hanno vinto.
Continuo a pensare che questo carrozzone di dirigenti, amministratori e rappresentanti dica queste p*ttanate più per ignoranza che per malafede (pur rimanendo comunque una buiona dose di malafede, chiariamo). In tutte queste dichiarazioni sento le stesse esatte parole di chi mi chiede di criptovalute senza saperne NULLA, e in parte anche quello che pensavo io prima di saperne alcunchè, diciamo 6-7 anni fa.
Che gente pagata per fare quello e che fa solo quello da 30 anni non abbia mai dedicato una settimana della sua vita ad informarsi sulle cripto mi pare gravissimo, ma vabbè, sono stati abituati ad avere il posto riscaldato per anni e alla fine si sono un po’ inflacciditi, comprensibile 😀
Non è così, ci sono degli interessi in ballo.
Cipollone è andato a minacciarli “se arrivano stablecoin, perdete i depositi, cominciate a fare campagna per l’Euro Digitale”.
Loro, essendo ormai le banche private con zero indipendenza, vanno a baciare l’anello.
possibile che sia più malafede che ignoranza… o forse dipende dalle persone. La spiegazione più verosimile potrebbe essere che si parta tutti dall’ignoranza e o si rimanga lì (per i piani bassi) oppure si capisca ma subito si passi alla malafede (piani alti).
Non una gran figura in entrambi i casi, questo è sicuro!