La moda di Bitcoin come riserva strategica statale è nata con la campagna elettorale di Donald Trump, per quanto in realtà El Salvador avesse già cominciato da un po’ ad accumularne. Negli States si è mosso ben poco: sappiamo che almeno parte dei Bitcoin sequestrati in procedimenti penali sono stati messi al sicuro (e non verranno venduti), ma di acquisti non ve n’é e non vi sarà ombra.
Dato però che il trend è partito dalla Casa Bianca, che pur ha un’enorme rilevanza nel dibattito, la cosa si sta allargando a macchia d’olio. E si sta allargando anche in giurisdizioni che mai avremmo immaginato di associare al mondo di Bitcoin. Come l’India.
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Anche l’India vuole una riserva in Bitcoin?
La questione è complessa, come sempre. Ed è più complessa dei titoloni che campeggiano sul grosso dei giornali. Perché è vero che c’è stata una proposta in tal senso, ed è vero che arriva da un politico di relativo rilievo, ma per il momento di proposta, di un pourparler che non sappiamo che tipo di esiti produrrà. Ma andiamo con ordine.
A parlare è Pradeep Bhandari, giornalista, politico, nonché anchorman televisivo e che oggi è il portavoce di Bharatiya Janata, il partito di maggioranza, quello del presidente Nanendra Modi per intenderci. La proposta, che non ha ancora alcunché di ufficiale, è arrivata su India Today, e quindi a mezzo stampa. Si può leggere in versione completa qui.
Per l’India [quanto fatto dagli USA, NDR] comanda una riflessione. Potrebbe Bitcoin, integrato in modo appropriato, migliorare i nostri strumenti economici?
Una domanda che si stanno facendo in molti – e che però in India ha preso una forma più strutturata, perché in realtà il lungo articolo di Bhandari guarda a esperienze già di successo.
- Bhutan
Il paese che grazie alla sua enorme disponibilità di energia sta facendo, con profitto, mining Bitcoin. Sul tema aggiunge Bhandari:
Questo approccio, nato dal declino del turismo, ora supporta servizi pubblici e obiettivi di sostenibilità. L’india, con la sua capacità di produzione di energia rinnovabile, ha la capacità di adattare questo modello.
Una bella difesa di Bitcoin
Ciò che c’è di più interessante è però una strenua difesa di ciò che Bitcoin è, anche oltre l’asset. Perché se è vero che Bandhari parla anche dei 21 milioni, del suo essere materia prima e di quanto sia chiara e trasparente la sua politica monetaria, riconosce anche dei pregi – correttamente – al network:
E la sua blockchain – un Ledger pubblico e che non può essere modificato – rende ogni singola transazione verificabile da tutti, riducendo l’opacità che spesso attanaglia i mercati tradizionali.
Un’inversione potente della narrativa, perché appunto alle accuse di scarsa trasparenza di Bitcoin si risponde nell’unico modo possibile: io sono verificabile, e tu?
Oro
Torna anche la narrativa dell’oro digitale, anche qui però con un discorso che almeno chi vi scrive trova corretto:
Queste qualità di Bitcoin ricordano quelle dell’oro. Uno store of value del quale ci si può fidare, oltre ogni singola entità. E comunque Bitcoin va oltre: digitale e dinamico, dove l’oro invece è fisico e statico.
Forse qualcosa che mai ci saremmo aspettati di leggere da un politico. In un mondo di trend crypto sbilenchi, forse proprio questo riuscirà a trovare delle fondamenta solide sulle quali costruire.
In Europa ormai tutto tace
In Europa, intesa come continente e non come Unione, tutto tace. In Svizzera la proposta è stata rispedita al mittente. In Repubblica Ceca difficilmente si riuscirà ad andare avanti, anche se in realtà a farsi portavoce di quanto sta accadendo sono anche elementi della Banca Centrale.
La strada scelta è un’altra. E non vi è mistero che…